Di Irene Bruno
Conquistiamo la fiducia (che non ci è dovuta perché non è merce che si possa comprare), diventiamo credibili e coerenti (per trasmettere la convinzione che il nostro comportamento è lineare sia quando siamo visibili sul palco sia quando siamo dietro un paravento) e chiediamo a questi famigliari di vivere con noi la quotidianità riscoprendo il piacere di ascoltare e condividere. La fatica ci soverchia? Immaginiamo la figlia dell’anziana entrata oggi in struttura - Camera 201, Letto 2 - mentre è a casa davanti a un pezzo di pane e formaggio, una mela se ha coraggio. Fino a ieri preparava una cremosa zuppa con gli ortaggi dell’ortolano acquistati al mercatino del rione, il pesce fresco appena giunto dalla Riviera, le croccanti carote e frutta profumata di stagione. E offrire tutto questo a sua madre in atteggiamento di accudimento responsabile e allo stesso tempo incatenante al punto da riempire tutto il suo tempo.
Torniamo a vederla davanti a formaggio,
pane e mela. I suoi pensieri si perdono
sul benessere della mamma che è passata
dalle sue mani (attente) a quella di persone
che devono badarne tanti, e poi hanno
la loro vita e può capitare che non rispondano
ad un richiamo proprio subito, se
hanno altre urgenze. Ripeto, la fiducia va
conquistata, e fa parte della cura dice Letizia,
favorire sempre la vicinanza di affetti
che si sentono a vibrazione, con il sesto
senso, quando i sensi non rispondono più.
E’ un privilegio portare in scena quello
che condividiamo e osserviamo tutti giorni
per migliorare i nostri atteggiamenti al
fine di costruire un clima accogliente, stimolante,
rasserenante e dinamico. E gli
anziani come ci seguono! Ognuno con gli
strumenti che possiede, ma con una forza
che deriva da una vita dura fatta di 1
o 2 Guerre Mondiali, la fame, il freddo, la
lontananza anche di diversi anni di persone
care senza avere la minima idea della
loro sorte, se fossero vivi o morti, la paura
per il futuro quando il futuro era domani
e dipendeva da una tempesta che poteva
radere un campo di ortaggi e null’altro vi
era nella madia o suonavano le sirene per
annunciare un bombardamento.
L’uditorio con le sue reazioni fa parte dello spettacolo, perché si percepisce la comprensione della narrazione, la sua condivisione perché fa parte della quotidianità di tutti coloro che son presenti, sul palco o seduti sulle poltroncine, ma protesi con i sensi all’erta. Che siano operatori o figli mariti e mogli che hanno una farfalla che sta volando altrove e non sanno come reagire né come sopravvivere a questo. Occhi negli occhi, si entra tutti nello stesso momento emotivo e si piange assieme e insieme si sorride, ma poi si ritrova la speranza con nuove motivazioni e rinnovate energie. Voglia di tornare nella propria realtà e provare vie nuove. Questa è recitazione e formazione: un arricchimento reciproco dove si fondono le esperienze, i vissuti, le sensazioni e le emozioni.
I Convegni ANOSS non si ascoltano; si vivono.
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