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giovedì 10 luglio 2014

L'importanza della formazione

Del Collegio Ipasvi di Piacenza.



Sviluppo e monitoraggio delle competenze. Si definisce formazione, in senso generale, l’effetto del formarsi e la maturazione delle facoltà psichiche e intellettuali, dovuta allo studio e all’esperienza. Per estensione, il termine designa cicli di studi volti al conseguimento dei titoli, diplomi o attestati. In ambito infermieristico, si vuole distinguere la formazione di base (laurea in scienze infermieristiche o titoli equipollenti), di specializzazione (master di primo e secondo livello, laurea di secondo livello e dottorato) permanente tramite ECM.


Cenni storici. In Italia l’esigenza di una formazione specifica delle infermiere, attraverso un’istruzione formale, fu avvertita negli ultimi anni del secolo XIX , in parte per l’influenza del modello inglese. Ma la vera riforma della professione infermieristica ha inizio nel 1925 con un provvedimento legislativo (R. D. n. 1832, del 25/08/1925) che sancisce la “[…] facoltà dell’istituzione di scuole convitto professionali per infermiere e di scuole specializzate di medicina, pubblica igiene e assistenza sociale per Assistenti Sanitarie Visitatrici […]”. Nel 1929 fu approvato il regolamento di esecuzione del decreto citato e furono quindi disciplinati l’amministrazione e il funzionamento delle scuole. Il regolamento di esecuzione (R. D. n. 2330 del 21/11/1929) è ancora oggi in parte vigente. Nel 1940, poi, furono istituite le scuole per vigilatrici d’infanzia (Legge 19/07/ 1940), organizzate per analogie come quelle per l’infermiere professionale, con frequenza riservata alle donne. In pratica con quest’ultimo provvedimento fu perfezionata la prima riforma sostanziale che, attraverso l’istituzioni delle scuole, formalizzava le tre figure infermieristiche qualificate, destinate, pur nella sostanziale omogeneità della matrice formativa, a prestare assistenza a gruppi diversi di persone:
adulti, bambini, comunità. La formazione infermieristica in Italia non ha subito grandi trasformazioni fino agli anni ’70, quando la legge n.124 del 24/02/1971 estese al personale maschile l’esercizio della professione infermieristica, riorganizzò le scuole e dettò le norme transitorie per la formazione del personale
di assistenza diretta, facendo ricorso ad una sanatoria.


Nel 1973, la Legge n. 795 ha recepito l’Accordo Europeo sull’Istruzione e la formazione delle infermiere, firmato a Strasburgo il 25/10/1967. Il D.P.R. n. 867 del 13/10/ 1975, ha modificato l’ordinamento delle scuole e i relativi programmi di formazione: a decorrere dell’anno scolastico 1975/76, il corso di studi per infermiere professionale ha durata triennale, il programma teorico – pratico di formazione ammonta a 4600 ore, delle quali 1750 dedicate alla formazione teorica e 2850 dedicate al tirocinio. Fin dalla loro istituzione, le scuole per infermieri professionali rilasciano un diploma di Stato, rilasciato insieme al Ministero della Pubblica Istruzione che invia un rappresentante all’esame di Stato. Le scuole per infermieri professionali non sono inserite nell’ambito dell’istruzione secondaria, ma vengono poste sotto il controllo e la vigilanza di organismi centrali (prima il Ministero dell’Interno, poi l’Alto commissariato e ora il Ministero della Sanità).
Negli anni successivi le infermiere italiane possono accedere a un programma di formazione superiore di durata biennale, per l’ottenimento del Diploma Universitario di “Docente e dirigente dell’assistenza infermieristica”, questo titolo è indispensabile per accedere al massimo livello di carriera nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale. Nel 1991 il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica
ha istituito (Decreto del 02/12/1991) il corso di Diploma Universitario in Scienze Infermieristiche, il corso ha durata triennale e dall’anno accademico 1996/97 sarà l’unico accesso alla formazione infermieristica di base. Con il Decreto Legislativo 2 aprile 2001; Determinazione delle classi delle lauree delle professioni sanitarie il corso abilita al conseguimento della laurea triennale in Infermieristica.

L’infermiere svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell’assistenza domiciliare, in regime di dipendenza. Una formazione continua o libero-professionale; contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all’aggiornamento relativo allo specifico profilo professionale e alla ricerca. Conseguita la laurea, gli infermieri possono proseguire la formazione iscrivendosi a un corso di master di primo livello (o frequentando altre iniziative di formazione permanente) oppure possono iscriversi alla laurea magistrale (specialistica). In ambito internazionale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a sua volta, ha affrontato la formazione delle infermiere con intenti di indirizzo. In particolare, l’OMS fa riferimento al mutamento della pratica professionale dovuto al movimento per la salute per tutti, ed alla necessità di preparare i giovani che si affacciano alla professione in modo che essi sviluppino un atteggiamento mentale aperto all’espansione continua del ruolo infermieristico.
L’ECM (Educazione continua in medicina) è un sistema di aggiornamento grazie al quale il professionista sanitario si aggiorna per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze organizzative e operative del Servizio sanitario e del proprio sviluppo professionale. La formazione continua in medicina comprende l’acquisizione di nuove conoscenze, abilità e attitudini utili a una pratica competente ed esperta. Per poter acquisire queste conoscenze è necessario l’aggiornamento continuo. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema in grado di verificare e di promuovere su scala nazionale la qualità della formazione continua, anche attraverso l’opera di osservatori indipendenti e con criteri e modalità condivisi. Gli operatori della salute hanno l’obbligo deontologico di mettere in pratica le nuove conoscenze e competenze per offrire una assistenza qualitativamente utile. Prendersi, quindi, cura dei propri pazienti con competenze aggiornate, senza conflitti di interesse, in modo da poter essere un buon professionista della sanità. Dall’ 1 gennaio 2008, con l’entrata in vigore della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, la gestione amministrativa del programma di ECM ed il supporto alla Commissione Nazionale per la Formazione Continua, fino ad oggi competenze del Ministero della Salute, sono stati trasferiti all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas).


Via Wikipedia.
L’Accordo Stato Regioni dell’ 1 agosto 2007 che definisce il Riordino del Programma di Formazione Continua in Medicina e stabilisce la nuova organizzazione e le nuove regole per la Governance del sistema ECM del triennio 2008-2010, individua infatti nell’Agenzia la “casa comune” a livello nazionale, in cui collocare la Commissione nazionale e gli organismi che la corredano. L’avvio del Programma nazionale di ECM nel 2002, in base al D.lgs 502/1992 integrato dal D.lgs 229/1999, che avevano istituito l’obbligo della formazione continua per i professionisti della sanità, ha rappresentato un forte messaggio nel mondo della sanità. La nuova fase dell’ECM contiene molte novità e si presenta quale strumento per progettare un moderno approccio allo sviluppo e al monitoraggio delle competenze individuali. La prima novità consiste nel fatto che l’accreditamento nazionale e regionale dei provider (i fornitori di formazione) è stato prodotto in sinergia con le Regioni. Nel nuovo sistema, sono i provider a essere accreditati e non più gli eventi formativi. Altro elemento sono le garanzie di qualità e indipendenza della formazione.
La qualità è assicurata dall’Osservatorio, con un attento monitoraggio di tutti i prodotti informativi. Il controllo e l’indipendenza sono garantiti, per i provider accreditati, dalla Commissione nazionale e da un nuovo organo: il Comitato di garanzia che si impegna a controllare il 25% dei provider che godono di sponsorizzazione. Anche per le tipologie formative sono state introdotte delle novità. Non ci sarà più solo il congresso, ma tante altre forme di aggiornamento: la formazione sul campo, che deve rispondere ai criteri di appropriatezza tra l’esercizio della professione e l’aggiornamento, la formazione a distanza che riesce a raccogliere un numero elevato di partecipanti abbattendo i costi e coniugando strategie formative universali, che arrivano agli operatori in modo omogeneo.
Nella fase di passaggio al nuovo regime verrà mantenuta la precedente modalità per l’accreditamento degli eventi che proseguirà fino a quando l’accreditamento di provider non consenta un’offerta formativa adeguata e di qualità. L’importanza strategica della formazione continua e dell’aggiornamento professionale delle
risorse umane dovrebbe apparire quindi fondamentale se si pensa a ciò che essa consente di realizzare in termini di sviluppo e acquisizione di nuove competenze, di miglioramento della qualità della comunicazione
e del clima organizzativo , di incremento del livello di motivazione e coinvolgimento del personale e di innalzamento dei livelli di efficienza ed efficacia.

Conclusioni. La formazione continua realizzata costituisce un’opportunità finalizzata alla professionalizzazione e al coinvolgimento emotivo di ogni “attore” del sistema, che da un lato permette al lavoratore di utilizzare al meglio la sua creatività, le conoscenze, le competenze tecniche possedute, dall’altro è in grado di stimolare contemporaneamente lo sviluppo di abilità sociali e competenze emotive (soft skills) che lo facciano sentire realmente protagonista nel sistema operativo e partecipe di ogni possibile cambiamento organizzativo.

Un titolo consigliato. Lupano P., Dizionario delle professioni infermieristiche, UTET, Torino 1997.

Un link utile da consultare. Sito della Federazione IPASVI.

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