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venerdì 4 luglio 2014

Quasi amici - Recensione in chiave sociosanitaria

Locandina di Quasi amici.
Quasi amici (Intouchables), un film del 2011 diretto da Olivier Nakache ed Éric Toledano, mette in scena la storia del servizio che Driss, un ragazzo delle banlieu parigine con alle spalle una vita difficile e diversi problemi legali, presta a un ricco tetraplegico, Philippe.

Due storie diverse, derivanti da esperienze e ambienti circostanti quasi opposti, che hanno prodotto però lo stesso risultato: entrambi i protagonisti sono guardati di sbieco, con pietà, disprezzo o paura; sono intoccabili. Ed è da questa condizione e dall'apatia che ne deriva che Philippe cerca una via d'uscita, trovandola in Driss: "Quella gente è senza pietà." Così viene ammonito il protagonista nella speranza che mandi via l'inquietante, intoccabile Driss. Ma è proprio questo che Philippe cerca: nessuna pietà.

Philippe e Driss in uno "sconveniente" momento di complicità.

Driss a volte passa il telefono a Philippe, dimenticandosi che lui non può prenderlo; scherza sulla sua condizione ("Niente cioccolato per l'handicappato") allo stesso modo in cui scherza con alcuni dei suoi divertimenti "d'alta classe", come l'Opera; ma essere senza pietà per Driss non significa non avere rispetto: non solo diventa meticoloso ed esperto nelle mansioni che deve svolgere (anche le meno piacevoli), ma si rifiuta di caricare Philippe nell'apposito spazio del veicolo predisposto al suo trasporto in sedia a rotelle, da solo "come un cavallo", per metterlo invece al suo fianco sul sedile del passeggero di un'auto ben più confortevole; litiga per lui col vicino in modo da lasciare libero il passaggio riservato; lo incoraggia e lo aiuta nel superare i suoi limiti e avvicinarsi alla donna con cui intrattiene una relazione epistolare. Al di fuori degli stereotipi e delle precise caselle in cui si inquadra il suo lavoro, anche se a qualcuno "sembra che non sappia fare niente", fa quello che deve meglio di chiunque altro: aiuta Philippe a vivere.

Driss e Philippe all'Opera.
Così, quando i due mondi di Driss e Philippe si separano, i confini non possono più essere netti come all'inizio: non si tratta più solo di lavoro, e in un momento di crisi Driss tornerà ad aiutare l'amico, a farlo incontrare con la donna dei suoi sogni da cui era scappato in precedenza a causa della sua condizione di tetraplegico, per poi salutarlo e lasciarlo alla sua vita, ma senza mai andarsene davvero.

Io non credo che i film siano fatti per insegnare, credo che siano fatti per raccontare storie. Ma sono anche convinto che dalle storie si possa imparare, e molto. E in questa storia, ispirata a quella vera di Philippe Pozzo di Borgo e di Yasmin Abdel Sellou, possiamo vedere, brillante come le luci di notte a Parigi, l'importanza di chi presta assistenza a chi ne ha bisogno, e la possibilità fondamentale di andare oltre le parole e i gesti quotidiani per sviluppare quella capacità che nessun professore è riuscito a ingabbiare in un manuale, ma che è in grado di migliorare il lavoro, di creare legami e di cambiare in meglio, almeno un po', la vita: la capacità di ridere e far ridere, e di soffrire insieme, di far risuonare in sé l'esperienza dell'altro per poterla comprendere davvero, che in una parola chiamiamo empatia.

Yasmin Abdel Sellou e Philippe Pozzo di Borgo, gli "intoccabili" che hanno ispirato il film.


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